Recensione: Dimmu Borgir - Abrahadabra


Grazie a (inserire divinità secondo il vostro Credo) esiste la musica classica. L’orchestra è una delle cose più belle che ci siano mai capitate.
Da anni (esattamente da Lingua Mortis dei Rage, del lontano 1996) la musica classica e l’orchestra hanno unito le loro forze alla possenza e alla “rocciosità” del metal, per dar vita a una delle ramificazioni più belle della musica inventata dai Black Sabbath: il Symphonic Metal.
Negli anni, diverse band hanno unito le orchestre (o campionamenti orchestrali) al metal, in quasi ogni sua sfumatura e influenza.
I Dimmu Borgir sono una di queste realtà, una band estremamente controversa per certi versi, e fondamentale per altri.
Una band che ha sempre unito parti sinfoniche al loro Black Metal norvegese veloce e atmosferico. Parti sinfoniche che sono diventate sempre più importanti e presenti con l’incedere della loro discografia, che si presenta prima in forma di tastieroni a partire da “For All Tid” (debut del 1995), e che si trasformano in una vera e propria orchestra a partire da “Puritanical Euphoric Misanthropia” del 2001. Da qui, avremo un aumento costante di queste “sinfonie”, fino all’apice nel 2010, quando la band rilascia “Abrahadabra”.


È “Xibir” ad aprire le danze, una intro orchestrale che riassume benissimo nei suoi 2:50 quello che ci aspetta nel disco. “Born Tracherous” apre definitivamente il disco, che parte in modo abbastanza spiazzante: già da questa traccia capiamo che la band non ci propone il classico “Black Metal + Orchestra”, ma ci fa capire come il tutto sia stato pensato insieme, con l’orchestra possente e onnipresente per il resto del disco. Passiamo dunque a “Gateways”, che con il suo incedere veloce e l’ausilio di voci femminili crea un’atmosfera magica e fredda, facendoci desiderare di essere trasportati in una dimensione fredda e oscura, che profuma meravigliosamente di zolfo. Il disco procede su questi canoni, diventando più leggero e Heavy in “Dimmu Borgir” (traccia che serve da “presa di posizione” della band, una sorta di “dissing” ai membri che hanno abbandonato la band poco prima della stesura del disco), e più Black in traccie come “Ritualist” e “Renewal”, forse le più veloci del disco.
Chiudiamo quindi con “Endings and Continuations”, una delle canzoni più belle e complete del disco e della band, una traccia estremamente sinfonica e black, in cui i due generi si sposano alla perfezione, anche grazie alle clean vocals di Kristoffer Rygg (Ulver) che rendono il tutto più arioso e, se possibile, ancora più magico.

Abrahadabra” è quindi la rappresentazione musicale perfetta dell’esoterismo. Un disco completamente ispirato da Aleister Crowley (il più grande e famoso occultista della storia) e dal suo “Libro delle leggi”. Un album che trasuda epicità e oscurità, in cui per la prima volta l’orchestra e la band si sposano alla perfezione, senza che nessuno dei due metta in ombra l’altro.
La prestazione della band è sopra le righe, con un Shagrath ancora più espressivo e “attore” di prima, che sottolinea ogni verso e strofa con una tonalità e una interpretazione diversa.
Il mastodontico Daray, dietro le pelli, fa dimenticare che nel precedente disco, “In Sorte Diaboli”, ci fosse una bestia come Hellhammer: la prestazione del musicista è forse la migliore di tutta la band, veloce, pesante e precisissimo.
Un album magico, che fa viaggiare la mente in dimensioni inimmaginabili da una semplice mente umana, e che fa tornare alla terribile realtà una volta finito.
Una pietra miliare del genere, che mostra come non sia obbligatorio riscaldare sempre la solita minestra per andare avanti.
Masterpiece

Antonio R.

VOTO
9/10


Tracklist:
1.            Xibir
2.            Born Treacherous
3.            Gateways
4.            Chess with the Abyss
5.            Dimmu Borgir
6.            Ritualist
7.            The Demiurge Molecule
8.            A Jewel Traced Through Coal
9.            Renewal
10.          Endings and Continuations

Line-Up:
Shagrath – Voce, tastiere
Silenoz – Chitarra Ritmica, Backing Vocals
Galder – Chitarra solista, backing vocals

Ospiti:
Kristoffer Rygg – Clean Vocals in “Endings And Continuations”
Agnete Kjølsrud – Voce in “Gateways” e “Endings and Continuations”
Daray – Batteria
Snowy Shaw – Basso, Clean Vocals in “Chess with the Abyss”, “Ritualist” e “Renewal”



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