Recensione: Marnero - Il Sopravvissuto
Piccolo incipit per contestualizzare la band. I Marnero
nascono nel 2009 dalle ceneri di una band storica per l’hardcorepunk/screamo
italiano: i Laghetto, di cui hanno fatto parte il chitarrista e cantante,
nonché principale autore dei testi/musica, e il batterista. La solfa non
cambia; lo stile, il genere e la violenza sonora sono praticamente gli stessi e
non è un male.
“Perché non sai mai cosa sei, e non sai mai cosa vuoi. Non
vuoi mai cosa sei e non sei mai cosa sei.
E se pensi che ormai non sei più tu, allora non sei mai
stato tu.”
Inizio così la recensione di questo secondo capitolo della
“Trilogia del Fallimento” dei Marnero, composta per l’appunto da tre dischi
differenti ovvero: “Naufragio Universale” (2010), “Il Sopravvissuto” (2013) e
“La Malora” (2016). Le liriche dei dischi fanno incetta di riferimenti alla
vita e proprio per comprenderli al meglio consiglio l’ascolto consultando i
testi perché, purtroppo, la post produzione del disco non è delle migliori e fa
perdere quasi completamente la possibilità di ascoltare le parole in altro
modo. Nonostante ciò, nella Trilogia è ben chiara la trama di fondo, che si
delinea con il naufragio del protagonista nel primo disco, la sua sopravvivenza
nel secondo e l’arrivo in una locanda nel terzo. Non vi aggiungo altro perché
non ho intenzione di recensire la Trilogia nel suo complesso, ma soltanto il
secondo disco, “Il Sopravvissuto”, che è quello che preferisco in assoluto
nonché fulcro della storia e zeppo di riferimenti alla vita.
Ogni qualvolta mi ritrovo a parlare di un disco che ho amato
nella sua interezza (composizione, liriche, idee di fondo e originalità) non
riesco mai ad essere oggettivo e stavolta non ci provo nemmeno, perché voglio
consigliarlo e cercare di stimolarvi all’ascolto di un qualcosa che non potrà
non lasciarvi un attimino spaesati alla fine dell’ascolto, portandovi
inevitabilmente alla riflessione. Consumate l’album, fate in modo da capire i
testi, fateli vostri, create un personale punto di vista!
L’artwork è bellissimo e, a mio avviso, rende già pienamente
l’idea della tematica dell’album: la sopravvivenza dopo un naufragio.
Addentriamoci nell’ambito musicale anche se, in una cornice
testuale di questo spessore, diventa quasi marginale. I Marnero creano un vero
e proprio muro sonoro, non disdegnando sin dal primo brano un sound crudo e
duro che rappresenta un violento schiaffo per l’ascoltatore che si troverà
faccia a faccia con la rabbia del “Sopravvissuto”, il quale ha appena perso
tutto ciò che aveva.
Evidente e forte è l’alternanza di riff hardcore ben
composti e passaggi strumentali cattivi e veloci al punto giusto in cui Raudo
(il vocalist) grida la propria disperazione, a momenti più pacati che
corrispondono alle parti più riflessive del protagonista, che sembra quasi
voler rompere la quarta parete e rivolgersi a chi lo sta ascoltando,
vomitandoci nelle orecchie la sua rabbia immanente. Alle composizioni del disco
collaborano la grandissima Lili Refrain (ascoltate la sua discografia perché è
bellissima) e quel pazzo furioso di Nicola Manzan unico membro della one man
band “Bologna Violenta”.
I testi, come già detto più volte, sono il vero fulcro di
tutta la “Trilogia del Fallimento”, contengono continui parallelismi e
riferimenti alla vita e al fallimento costante ed immanente dal quale è
difficile scappare perché sarebbe un costante “fuggire da se stessi”.
L’album si divide in quattro quadranti, tutti coincidenti
con un momento diverso del viaggio che il protagonista intraprende per giungere
alla terraferma. Il viaggio è metafora, anche qui, della vita:
· Primo
quadrante: il protagonista si sente disperso dopo aver visto il proprio
funerale, perciò decide di tornare verso casa, un rifugio mentale, che non ha
idea di dove sia, non riconoscendosi e avendo perso ogni convinzione e volontà.
Il dubbio è l’unica certezza che ha, perciò si mette in viaggio verso la
ricerca di sé stesso, provando a darsi, per la prima volta, le risposte che ha
sempre ricevuto da altri.
“Ti giuro, non vedo a
un palmo dal naso, ma vuoi mettere la soddisfazione a procedere accaso?
Che il vuoto è
principio immanente, volendo fondare la causa sul Niente come se non ci fosse
un domani. Come infatti non c’è!”
Cit. da “Come se non ci fosse un domani”.
· Secondo
quadrante. Il protagonista naviga da un quarto di Luna. Rivede tutti i propri
fallimenti nelle scelte sbagliate e nelle possibilità mai colte (massa d’acqua
chiamata Possibile sotto forma dell’irrealizzato). I sensi di colpa, i
rimpianti e rimorsi si fanno più forti dentro di sé (demone detto Postfestvm),
ma Il Sopravvissuto, trascorso questo momento di disperazione, continua il
viaggio perché sa di non avere altra scelta. Il secondo quadrante è zeppo di
metafore e parallelismi che trasudano poetica e capacità immaginifica perciò,
ancora una volta sottolineo l’importanza della lettura dei testi.
“Il Possibile è il
limite mobile di ciò che io sono disposto ad ammettere, in questa notte in cui
l'Irreversibile mi regala la possibilità di cercare il mio mare, di non tornare
più indietro e andare un po' più in là.” Cit. da “(Che non sono mai stato)”
· Terzo
Quadrante: trascorre un altro quarto di Luna e seppur il protagonista sia
riuscito a superare alcuni dei propri traumi, si ritrova ad affrontare la
propria inettitudine nell’aver preso decisioni sbagliate e/o aver scelto di non
scegliere, facendosi scivolare addosso la sua stessa vita (Demone Antefestum
che si nutre di illusioni, speranze, paure e presagi). Il Sopravvissuto ricorda
ciò che ha imparato durante il naufragio:“Se tu sarai capace di stare senza
attesa, vedrai cose che gli altri non vedono” e prosegue il viaggio dentro sé
stesso, decidendo di non seguire alcuna rotta, lasciandosi indietro tutte le
paure che, fino a quel momento, non gli hanno permesso di vivere.
“La volontà piega il
destino, ma non il caso, ma non il caos. Ma non è questo il caso.”
Cit. da “Prologologia”.
· Quarto
Quadrante: il protagonista decide di prendere le redini della propria vita che,
fino ad allora, era stata condotta da altri senza che egli opponesse mai
resistenza. C’è la Luna Piena ed Il Sopravvissuto è arrivato al porto di
Zonguldak; seduto sul molo si accorge di non avere identità e un posto in cui
rifugiarsi. Decide di reinventarsi e di non uccidersi, perché non ha più niente
da perdere avendo già perso tutto, così distrugge la scialuppa di salvataggio e
si rimette in viaggio senza una meta, rischiando e provando, per la prima
volta, l’ebbrezza della libertà.
“Io sono il
sopravvissuto, sono quattro non uno. Sono pieno a metà e non mi aspetta
nessuno.
Un compatriota
dell'inesistente, un contemporaneo di Niente.”
Cit. da “Zonguldak”.
“Il mare c'era prima
del Tempo, e prima che il Tempo fosse diviso in tre parti: il passato come
colpa, il presente come redenzione e il futuro come salvezza; perché il Tempo è
solo una relazione e non esiste: nessuno può vivere nel passato, nessuno può
vivere nel futuro, il Sopravvissuto di ieri è morto e il Sopravvissuto di oggi
muore nel Sopravvissuto di domani.”
-Diario di Bordo del Sopravvissuto.
In questa frase è spiegato alla perfezione lo scopo del
viaggio del protagonista, che parte non avendo certezze e un passato disastroso
ma si accorge di avere un presente in cui è libero di scegliere e di
reinventarsi e un futuro in cui affermarsi. Una metafora di vita, un consiglio
per chiunque abbia perso la rotta e voglia rimettersi in carreggiata. Gettate
le bussole perché la vita è nelle vostre mani, potete farne ciò che volete.
Michele S.
VOTO
8.5
Tracklist:
1. Come se non ci fosse un domani
2. (Come infatti non c'è)
3. Non sono più il ghepardo di una volta
4. (Che non sono mai stato)
5. Il porto delle illusioni
6. Prologologia
7. Rotta Irreparabile
8. Zonguldak
Line Up :
Sopravvissuto I - G.j. Ottone: batteria, wurlitzer, cori con
le a
Sopravvissuto II - Sartana Bidonde Sabata: chitarre, gatti
Sopravvissuto III - B.Pastina: basso, synth, acustica, cori
con le o
Sopravvissuto IV - John D. Raudo: chitarre, ebow, voci
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