Recensione: Necroheresy - Asylum
Particolari, questi Necroheresy…
Nati nel 2012 a Bratislava, in Slovacchia, questa band
unisce sapientemente il black metal più freddo, tipico del Nord, a sfuriate
death old school e a sezioni più lente in pieno stile doom.
Giunti al loro debutto discografico dopo aver pubblicato
una demo ed un EP contenente canzoni che sarrano poi ri-registrate per l’album,
la band ci presenta “Asylum”, rilasciato nel Giugno dell’anno corrente.
Non appena premiamo play, siamo “cullati” da ”Intro”, molto
atmosferica e ambient, che diventa subito inquietante con l’entrata in scena di
cori tipici di una messa, arricchiti, con l’incedere della canzone, da pianti
infantili e rumori ambientali che mi hanno ricordato molto le OST dei varii
Silent Hill.
Sarà però “Silence Before the Storm” a dare il via al
disco, che parte con una sfuriata black molto pesante, tendente al death old
school. Parte quindi “Four Rooms of Sanatorium”, che ci avvolge con atmosfere
molto più cupe e distrubanti grazie all’alternarsi di sezioni lente a sfuriate
violente.
Siamo entrati nel manicomio, non c’è via di fuga.
Purtroppo, proprio come la vita all’interno di questa
struttura, dove ogni giorno è uguale a quello precedente, il disco tende a
ripetersi in ogni canzone, mantenendo però la stessa malsana e disturbante
atmosfera. Certo, abbiamo dei piccoli dettagli che differenziano le varie
canzoni, ma questi diventano insignificanti davanti alla complessività
dell’album.
La monotonia viene però interrotta dalla titletrack, che ci
sorprende nel suo essere totalmente acustica, donandoci un breve respiro prima
della sfuriata finale.
Ormai siamo rinchiusi qui dentro da diverso tempo e l’unica
via di fuga è la morte. Non trovando una cura alla nostra patologia, i dottori
ci condannano a morte. Proprio come gli ultimi istanti di vita di un condannato
a morte, che sembrano non finire mai, “Portent” è la canzone più lunga del
disco, enfatizzando così la sensazione che si prova prima della morte. La
traccia parte in modo molto tagliente, con la prima metà che alterna sezioni
death a parti più groove e che si trasforma, nella seconda metà, in una
sfuriata black influenzata dal punk più classico
“Asylum” è una trasposizione fedele di quello che si prova
nel vivere in un ospedale psichiatrico. Ogni giorno è uguale all’altro, mentre
sei divorato dalla tua stessa malattia mentale. Cerchi una via di fuga, ma
tutto quello che puoi fare è rimanere li, a ciondolarti sulla sedia nell’attesa
della fine. Questo disco fa proprio questo: ti accoglie calorosamente
all’interno della struttura, ma con l’incedere dei minuti si trasforma in un
inferno, fino alla pazzia finale.
Purtroppo però questo non salva completamente il disco, che
si dimostra molto ripetitivo e canonico, senza portare nulla di nuovo nella
scena, ma che comunque sa inquietare molto bene nei suoi 29 minuti.
Antonio R.
VOTO
7/10
Tracklist:
01. Intro
02. Silence Before The Storm
03. Four Rooms Of Sanatorium
04. Consecration
05. Battle Of Sokolovo
06. Mortal Addiction
07. Blind Monk
08. Satan My Master (Bathory cover)
09. Asylum
10. Portent
Line-Up:
Kazatel – Voce
Witcher – Chitarre, Backing Vocals
Agressor – Chitarre
Sadist – Basso
Askold – Batteria
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