Recensione: Ne Obliviscaris - Urn
L’australia
ha sempre partorito band particolari o storiche (come il Canada).
È
infatti da quella isola gigante che arrivano band come AC/DC, Destroyer 666 e i
Wolfmother. E proprio da Melbourne arrivano i Ne Obliviscaris.
Formati
ufficialmente nel 2003 dalla mente di Xenoyr (al secolo Marc Campbell),
rilasciano (quattro anni dopo a causa di vari cambi di line-up) una demo, a cui
seguiranno due album, subito entrati nell’immaginario della scena: “Portal of
I” e “Citadel”, rispettivamente 2012 e 2014. Dopo un paio di EP (rilasciati
esclusivamente ai supporters di una campagna crowdfunding del 2015) la band
annuncia “Urn”, terzo album in studio senza lo storico bassista.
Il
disco è diviso principalmente in 4 canzoni, due delle quali sono a loro volta
divise in due parti, rendendo il disco molto particolare e ottimamente
strutturato.
L’apertura
è affidata a “Libera”, una delle due tracce divise a metà. Nella prima parte,
“Saturnine Spheres”, troviamo il classico sound dei Ne Obliviscaris, quello
fatto di sezioni acustiche, riff quasi black, linee vocali eteree e maestose di
Charles e i growl gutturali e infernali di Xenoyr, che ci riporta bruscamente
con i piedi per terra. La seconda parte, “Ascent of Burning Moths”, è, per chi
scrive, la traccia migliore dell’album. Interamente affidata a chitarra
acustica e violino, senza voci e sezione ritmica, riesce nei suoi 2 minuti e
mezzo a trasmettere una tristezza e una nostalgia unica, riuscendo a commuovere
anche il più duro dei metallari.
Chiuse
le prime due tracce, ad attenderci è “Intra Venus”, singolo estratto dal disco
poco prima della sua uscita. “Intra Venus” è una canzone parecchio strana.
Seppur presentando i canoni della band, risulta molto originale e diversa,
riuscendo addirittura a “confondere” l’ascoltatore, soprattutto per una piccola
linea vocale posta nel ritornello, che acquista valore e senso man mano che
aumentano gli ascolti.
“Eyrie”,
traccia più lunga del disco, parte in sordina, lenta e affidata al violino, ma
cresce con l’avanzare del tempo, fino a diventare una canzone in perfetto stile
Prog dalla seconda metà in poi.
Siamo
giunti alla fine. “Urn”, la titletrack, è la seconda canzone ad essere divisa
in due parti. La prima, “And Within the Void We Are Breathless” parte con
un’atmosfera molto cupa e terrificante. Ma ecco che fanno il loro ingresso i
virtuosismi di violino e chitarra, che ci portano sin da subito in una realtà
completamente sconosciuta, fatta della più nera oscurità e tristezza. La
canzone si trasforma, diventando estrema e rabbiosa, mantenendo sempre un non
so chè di etereo e melodico. La sua seconda parte, “As Embers Dance in Our Eyes”,
continua a donarci le stesse sensazioni, ma calpestando suoli più melodici e
cupi, se fosse possibile essere ancora più cupi della precedente.
Il
disco si chiude con un ultimo urlo di Xenoyr, che ci angoscia per l’ultima
volta prima di finire definitivamente.
I
Ne Obliviscaris sono ritornati, e lo hanno fatto nel migliore dei modi.
“Urn”
è un disco completo, complesso e complicato, colmo di tutti i clichè della band
ma anche di tante novità, atmosfere e sensazioni uniche.
Meraviglioso
l’uso dei contrasti, come l’utilizzare linee vocali melodiche e pulite sulle
sezioni più veloci e brutali, e le harsh sulle sezioni più complesse e
tecniche.
Charles
si rivela un ottimo cantante e violinista, creando uno dei migliori
componimenti sinfonici degli ultimi anni, capacissimo di averlo amalgamato alla
perfezione con il resto della band.
Xenoyr,
dalla sua, rende il tutto brutale e oscuro con il suo growl unico e pesante,
che lo rende di fatto uno dei migliori “growler” della scena.
Insomma,
fatelo vostro. A tutti i costi.
Antonio R.
VOTO
9/10
Tracklist:
1. Libera
(Part I) – Saturnine Spheres
2. Libera
(Part II) – Ascent of Burning Moths
3. Intra
Venus
4. Eyrie
5. Urn
(Part I) – And Within the Void We Are Breathless
6. Urn
(Part II) – As Embers Dance in Our Eyes
Line-Up:
Tim Charles – Violino e Clean Vocals
Xenoyr – Harsh Vocals
Matt Klavins – Chitarra ritmica
Daniel "Mortuary" Presland
– Batteria
Benjamin Baret – Chitarra solista
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