Recensione: Wintersun - The Forest Seasons
Inutile introdurre I
Wintersun. Una band che tutti, nel bene e nel male, conoscono.
Ma vabbe,
un’infarinatura ve la do lo stesso.
I Wintersun nascono
nel 2003 come side-project di Jari, all’epoca cantante e chitarrista degli Ensiferum.
Ma, per problemi di tempistiche, fu costretto a lasciare i suoi compagni
Ensiferum per concentrarsi sul suo nuovo progetto.
Nel 2004 vede la luce
“Wintersun”, disco di debutto e self-titled, che divise letteralmente in due la
stampa.
Dopo ben 8 anni,
riemergono dall’ombra con “Time I”, ambizioso concept album che li consacrò
ufficialmente come i pionieri dell’ “Universal Metal”, termine coniato dallo
stesso Jari.
Dopo “Time I”, fu
annunciato il sequel, “Time II”, ancora non pubblicato.
Nel frattempo, vista
la mancanza di fondi per la registrazione del disco, i Finlandesi annunciano
“The Forest Seasons”, una sorta di rivisitazione delle quattro stagioni di
Vivaldi.
Awaken from the Dark
Slumber (Spring)
La Primavera è una
delle stagioni più belle dell’anno. La temperatura è perfetta, i fiori
cominciano a sbocciare, e tutto diventa colorato, sereno.
Ma ci sono ancora i
ricordi dell’Inverno, freddo e tetro, che aleggiano nell’aria, creando una
atmosfera rilassante, accogliente.
I Wintersun sono
riusciti a cogliere, elaborare e tradurre in musica queste sensazioni, che sono
fortissime in “Awaken from the Dark Slumber”, prima traccia di questo ambizioso
disco.
Una sezione ambient
apre il disco, seguita da una sezione strumentale in puro stile Black. Ecco che
Jari fa il suo ingresso, con il suo
scream (ormai marchio di fabbrica della band) sostenuto da una sezione ritmica
martellante e cadenzata, arricchita da una sinfonia magica e poetica, con un
velo di oscurità che copre il tutto. Ma qui la canzone rallenta, diventando
melodica e accogliente, fino a fermarsi quasi completamente. Rimane solo una
sezione di orchestra in sottofondo, a cui va ad aggiungersi la chitarra, per
riportarci a quelle sensazioni black di inizio traccia. Ma il velo oscuro che
copriva la musica ora è sparito, permettendo a magia e poesia di risplendere in
tutta la loro bellezza, a cui si aggiungono delle parti orientalleggianti, strizzando l’occhio alla cultura giapponese.
Peccato solo per la
produzione, diversa dal precedente Time I: le chitarre sono più basse, e la
batteria risalta forse un po troppo, ma voce ed orchestre si sentono alla
perfezione, creando un’atmosfera unica e sognante. Ben tornati, Sons of Winter and Stars!
The Forest that Weeps
(Summer)
L’estate è arrivata. L’atmosfera
si fa più leggera, il caldo comincia a farsi sentire seriamente. Le piante e i
fiori sono sbocciati definitivamente e incomincia un lungo periodo di riposo.
Gli animali sono fuori dal letargo, e gli esseri umani cominciano ad accogliere
l’aria festosa di questa stagione, odiata e amata allo stesso tempo.
E anche qui i
Finlandesi non sbagliano nell’indovinare le atmosfere e le sensazioni: la
canzone inizia con una chitarra acustica, che rievoca subito i falò in spiaggia
di notte, con amici e chitarra, passando tutta la notte a cantare e divertirsi.
Ma si sa, quando si
cresce, quando si supera l’età del divertimento puro, l’Estate porta con se un
senso di malinconia e tristezza: siamo grandi ormai per capire che tutto questo
dura poco, e saremo costretti a ritornare alle nostre fredde e monotone vite.
La canzone riesce a
trasmettere benissimo anche questa particolare sensazione: i toni sono allegri,
caldi e spensierati, ma il tutto è permeato da un sensazione che profuma
tantissimo di malinconia e tristezza.
I cori verso il finale
poi aumentano a dismisura quella sensazione, quelle emozioni, per farci capire
che ormai l’estate è finita, e quello che ci attende è un lungo Autunno.
Eternal Darkness (Autumn)
Da noi l’Autunno è la
stagione del giallo e del marrone, gli alberi perdono le loro foglie, i fiori
cominciano ad appassire, e l’aria comincia a diventare più fredda e cupa.
In Finlandia invece è
anche peggio: tutto diventa più buio, più cupo e spento.
Quale modo migliore
per descrivere queste sensazioni se non con del Black Metal puro, senza “se” e
senza “ma”?
Dopo una breve intro,
siamo colti a sorpresa da una sfuriata di blast beat e un riffing cupo e
tagliente, che dura quasi metà traccia, perfetta traduzione musicale delle
atmosfere autunnali.
Ma la canzone si
ferma, rallenta e diventa quasi doom, l’orchestra sparisce quasi completamente,
diventando estremamente di sottofondo, e Jari ci parla di oscurità e tristezza.
Ritornano atmosfere malinconiche, nostalgiche e sognanti, arricchite da un
assolo di chitarra lungo e in pieno shred.
Improvvisamente la
traccia accellera nuovamente, ma senza raggiungere il black, con cori e scream
che creano un’atmosfera troppo bella da descrivere. Improvvisamente, e oserei
dire bruscamente, il brano si ferma, per ripartire a tavoletta con un black
tiratissimo, con l’aggiunta di una sezione di orchestra epica e pomposa.
Siamo giunti alla
fine, l’orchestra ci avvisa che l’autunno è finito, Dicembre è arrivato, e
citando una serie ormai famosissima “Winter is Here”.
Loneliness (Winter)
Una sensazione di gelo
avvolge il petto quando questa meraviglia inizia.
Una intro atmosferica
e molto bassa ci accoglie: subito parte una sezione doom, con un riff
ripetitivo e assillante, ma estremamente freddo e gelido. L’illusione di un
posto caldo e rilassante appare davanti ai nostri occhi, quando la traccia
diventa acustica e Jari ci rassicura, ma ecco che il riff iniziale ritorna, la
batteria scandisce una marcia lenta e deprimente, e il cantato si fa poetico e
disperato.
Ci ritroviamo a
camminare in una landa bianca, con la neve che ci copre da testa a piedi,
facendoci desiderare disperatamente il caldo.
Però tutto questo ha
del rassicurante: sappiamo che è solo questione di tempo, ormai siamo a
Gennaio, il freddo diventa più pungente, ma fra poco tempo sarà di nuovo
primavera, tutto diventerà di nuovo colorato, calmo e rassicurante.
Ed ecco che nel finale
della canzone, e del disco, tutto diventa più positivo, più sicuro e allegro,
con il freddo ancora ad accompagnarci in questo ultimo viaggio.
Siamo arrivati a casa,
dove ci accoglie caldo e sicurezza, ma non vediamo l’ora di ricominciare subito
questo incredibile viaggio, questa incredibile esperienza.
Signore e Signori,
siamo giunti alla conclusione di questo bellissimo e unico viaggio.
Un disco che ha tanto
da dire, e che continua a svelare dettagli e sensazioni con l’avanzare degli
ascolti.
Un album che,
nonostante il suo passato e il suo travagliato concepimento, riesce a
distanziarsi notevolmente dal precedente capolavoro “Time I”, con cui condivide
solo i musicisti: qui troviamo emozioni, viviamo esperienze, completamente
diverse dal disco del 2012, ma assolutamente non inferiori.
Un disco che,
nonostante la durata e la sua “suddivisione”, vola via molto facilmente, si
lascia ascoltare senza problemi e coinvolge qualsiasi tipo di ascoltatore.
I Wintersun sono
riusciti a trasporre musicalmente tutte le emozioni e sensazioni che ogni
stagione trasmette. Ma senza cadere nel banale e nel scontato.
Fatelo vostro, a tutti
i costi.
Antonio Rubino
Antonio Rubino
VOTO:
9 / 10
Tracklist:
01 - Awaken from the Dark Slumber (Spring)
02 - The Forest that Weeps (Summer)
03 - Eternal Darkness (Autumn)
04 - Loneliness (Winter)
Line-Up:
Jari Maenpaa – voce,
chitarra, tastier, testi
Kai Hahto – batteria
Teemu Mantyssari – chitarra, backing vocals
Jukka Koskinen – basso, backing vocals
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